Italie - Hongrie

Giuseppe Meazza e György Sárosi
19 giugno 1938, Stade olympique "Yves-du-Manoir", Colombes
Coppa Rimet - finale
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La Nazionale italiana giunse alla finale di Parigi, va ricordato, con una serie di prestigiosi trionfi alle spalle: la Rimet del 1934, la Coppa Internazionale (una sorta di piccolo campionato europeo) del 1935, le Olimpiadi del 1936. Era, inequivocabilmente, la migliore squadra dell'epoca (alla pari con gli inglesi).

In Francia, in un clima politicamente ostile, aveva sofferto nelle due partite giocate a Marsiglia: l'esordio con la Norvegia, risolto ai supplementari grazie anche alle parate di Aldo Olivieri [vedi], e la semifinale con un Brasile pieno di sé che però fece la tipica fine dei pifferi di montagna [vedi]. A Parigi, dapprima ai quarti contro la Francia [vedi] e poi in finale con l'Ungheria, l'Italia affermò il proprio gioco senza patemi e con pieno merito.

Narra Brera come, nella finale, "in campo si vede subito che gli italiani sono i più forti". In gol già al 5° con una delle consuete stangate di Gino Colaussi, vengono raggiunti grazie a una prodezza del migliore dei magiari, il centromediano Gyorgy Sarosi. Ma è un'Italia da assalto: il raddoppio di Piola è l'esito di un calcio "di così alta qualità che la tribuna non ha potuto esimersi dall'applauso". Il gioco degli avversari è invece "un poco ruminato", e gli "azzurri li controllano dall'alto". Fioccano le occasioni e i pali e il primo tempo si chiude sul 3:1 grazie a un'altra prodezza, stavolta elegante, di Colaussi.

La partita è riaperta dal solito Sarosi, ma "la nostra difesa tiene benissimo", e al 36° un gran contropiede a triangolo Piola-Biavati-Piola si conclude con un destro al volo del "lungo pavese". 4 a 2 : "gli applausi della gente sono sinceri". Gli azzurri si riconfermano campioni del mondo con una prestazione maiuscola.

Vittorio Pozzo era convinto che quell'XI - tra i quali erano reduci da quattro anni prima solo Giuseppe Meazza, Giovanni Ferrari (che Mario Sconcerti ritiene "forse la più grande mezzala italiana di tutti i tempi") e Eraldo Monzeglio, e, dai campioni olimpici, solo Alfredo Foni, Pietro Rava e Ugo Locatelli - fosse la sua migliore formazione. La prima firma della "Gazzetta dello sport", Mario Zappa, riteneva che "il grande segreto della nazionale italiana risiedeva nella sua capacità di attaccare con il minor numero di giocatori possibili, senza mai distogliere i mediani dai loro compiti di difesa". Traduzione in lingua italiana: "il secondo titolo mondiale fu, insomma, il capolavoro del contropiede; una splendida conquista difensiva", come scrisse Antonio Ghirelli.

Precisiamo ancor meglio, grazie a Brera. Secondo lui Pozzo avrebbe anche detto "che era più dotata di classe la squadra azzurra laureata a Roma", che è coerente col sostenere che la migliore formazione fosse comunque quella di Parigi. Secondo Brera, Pozzo confondeva "lo stile con la classe, della quale è un semplice elemento".

Insomma, "sul titolo conquistato a Parigi, nessuno può eccepire. Inglesi a parte, siamo davvero i più forti del mondo. E ci illuminiamo d'immenso". Brera scripsit.