Italia - Uruguay

Totò Schillaci
25 giugno 1990, Stadio Olimpico, Roma
Campionato del mondo - ottavi di finale
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La sera del 25 giugno 1990, all'Olimpico di Roma, l'Italia affrontò l'Uruguay negli ottavi di finale del Mondiale di casa. Avversario tradizionalmente ostico. Sulla panchina sudamericana sedeva già Óscar Washington Tabárez, che aveva vinto la Libertadores col Peñarol nel 1987, ma che in Europa è sconosciuto. Brera ne incensò il rispetto per la tradizione: "Tabarez deve essere un signore che sa il fatto suo. Quello che perpetra per contenere gli azzurri ha tutti i crismi del miglior calcio difensivo. Per tutto un tempo vedo quattro cristoni in linea contro un solo cristianuzzo pieno di rabbia impotente: il nostro centravanti. L'ala destra azzurra deve arretrare perché la ressa uruguagia a centrocampo soffoca letteralmente i nostri facitori di gioco. Non appena si riconquista la palla, si intessono palleggi elusivi: nessun lancio verso il poveretto rimasto solo in attacco: i palleggi ritardano l'impostazione: il nostro gioco non può esistere perché in realtà non nasce".

Il problema sorgeva dalla scelta di Vicini di schierare inizialmente in avanti "due nanoni" come Baggio e Schillaci. Quando al 52° il CT si risolse a inserire anche Serena (al posto di Berti), la partita cambiò di segno: "L'entrata di Serena era sicuramente paventata dagli uruguagi, che pure sanno di calcio. Premendo a sinistra, il lungo Baby Face ha subito riaperto la difesa di Alvez all'incredibile prolungamento di un lancio di Baresi: su quel lancio è balzato Turiddu, anzi Arcituriddu, che ha esploso un tiro gol già all'8'. Alvez se l' è cavata strambrandosi la spalla sinistra. Arcituriddu si è così conquistato il diritto a risolvere poco dopo".

Seguono: epinicio di "Turi Schillaci, cui benedicat Eupalla": "Turiddu è una perentoria accusa al costume pedatorio dei nostri sopracciò. Mi ricorda Libonatti: un soffio di follia sembra animare ogni suo gesto agonistico: il sinistro che ha impresso alla palla di Serena è stato qualcosa di squassante, fra le più vive prodezze di questi mondiali"; e chiosa finale: "La benedizione di Serena ha rappresentato la svolta risolutiva. Battere l'Uruguay dev'essere considerata impresa grande. Vicini ha di nuovo espresso tanta bravura da meritarsi ogni fortuna. Seguiamolo con fiducia. La fervida fantasia di un buon generale costituisce sempre notevole meraviglia".

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