Uruguay - Suisse

José Leandro
Andrade
9 giugno 1924, Stade olympique Yves-du-Manoir, Colombes
Olympic Games football tournament - finale
Tabellino | Video [5:16]

"L'Uruguay andò a Parigi e scrisse una delle più belle pagine della storia del calcio del primo periodo". Così Jonathan Wilson sintetizza la partecipazione vittoriosa dei sudamericani al torneo olimpico di calcio del 1924. Le immagini sono pochissime e soprattutto frammentate, perché, a inquadratura fissa, non seguono l'azione. Fanno intuire, ma non documentano visivamente la decantata bellezza del gioco uruguagio.

Eduardo Galeano rammenta come quei suoi giovani connazionali giunsero in Francia con biglietti di terza classe, viaggiando con mezzi di fortuna, dormendo su sedili di legno,  obbligati a disputare una partita dietro l'altra per finanziarsi il viaggio e mantenersi. Una di esse si tenne sulla spiaggia di Albaro, appena sbarcati in Europa, e nessuno dei campioni d'Italia del Genoa CFC "poteva sognarsi di stoppare palla a quel modo, colpire di tacco e recuperare le palle che parevano ormai averli superati, tentare acrobazie mai viste a Genova in tanti anni di frequentazione allo stadio", scrisse Gianni Brera.

Al torneo olimpico, di partita in partita, gli spettatori scoprirono sempre più entusiasti la bellezza potenziale del gioco del calcio. Era qualcosa di inedito: mentre "la scuola inglese aveva imposto passaggi lunghi e palla alta", gli uguguagi "preferirono inventare un calcio di passaggini corti e con la palla sempre al piede, con improvvisi cambi di ritmo e finte in corsa", scrive Galeano (che non li vide, ma li sentì raccontare). Gioco corto avrebbe detto Corrado Viciani. Comunque qualcosa di molto moderno, alle radici di quella genealogia immaginaria che, attraverso l'Aranycsapat, l'Oranje Totaalvoetbal, il Milan sacchiano, riconduce a quanto abbiamo ammirato fino allo scorso anno nel Barçelona di Guardiola.

Per questo motivo Andres Mazali, José Nasazzi, Pedro Arispe, José Andrare - il primo grande giocatore nero della storia del calcio, abbagliante per le sue giocate di classe (e viveur perduto) -, José Vidal, Alfredo Ghierra, Santos Urdinaran, Hector Scarone, Pedro Petrone, Pedro Cea e Angel Romano, meritano di essere ricordati come gli Antenati dell'avanguardia calcistica: l'XI da cui ebbe inizio l'idea di calcio giocato.

Venti gol fatti e due soli subiti in cinque partite contro Jugoslavia, USA, Francia, Olanda e Svizzera. "Una rivelazione!", scrisse l'esteta e romanziere Henry de Montherland, che si entusiasmò anche lui sugli spalti, consapevole che la "la vraie force du style est dans le sentiment": "abbiamo potuto ammirare il vero calcio. Paragonato a questo, quello che avevamo imparato a conoscere in precedenza, quello che avevamo giocato, in realtà non era niente di più che un passatempo per scolaretti". Un altro francese, Gabriel Hanot, che allora pedatava e che poi avrebbe diretto l'"Equipe", si soffermò sugli aspetti tecnici: "una virtuosità meravigliosa nel ricevere la palla, nel controllarla e poi nell'utilizzarla a proprio piacimento"; la squadra celeste "ha creato un calcio bellissimo, elegante, ma allo stesso tempo vario, rapido, potente ed efficace". Ai suoi occhi, il confronto con il calcio inglese si proponeva come quello tra "un purosangue arabo con un cavallo da tiro".

Vedi anche Italiani d'Uruguay (Eupallog Calendario)