Argentina - Brasil

Paulo Roberto Falcão
2 luglio 1982, Estadio de Sarriá, Barcelona
Campionato del mondo - seconda fase (gruppo 3)
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Quell'estate Gianni Brera seguì l'Italia dal fresco di Vigo ai quaranta gradi di Barcellona, dove alloggiava "in una stanza con due letti matrimoniali. In uno si riposava, sull'altro si accampavano le sue due valige", come racconta in un splendido cameo Mario Sconcerti, all'epoca suo secondo a "Repubblica": l'aria "era piena dell'odore del sigaro toscano che aveva sempre in bocca. Era in boxer, canottiera, calzini lunghi e mocassino. Più un fazzoletto che teneva davanti, tra le spalline della canottiera, contro il sudore". Sconcerti gli forniva le notizie e le ultime sulle formazioni, ma Brera "amava vedere le partite dentro la sua testa e francamente ne sbagliava poche. Mi spiegava perché. E io ho capito più tardi di aver potuto fare il mestiere perché metà cose, metà modi di pensare, li ho imparati da lui" [Mario Sconcerti, Storia delle idee del calcio, pp. 206-207].

L'afoso pomeriggio del 2 luglio, il Gioann assistette di persona allo scontro a eliminazione tra i campioni del mondo e i favoritissimi brasiliani. E rimase impressionato dal "magno Brasile" [Gianni Brera, Il più bel gioco del mondo, pp. 294-295]: "i brasiliani hanno disposto degli argentini come e quando hanno voluto. I due grandi pilastri del gioco brasiliano sono stati Toninho Cerezo, grandissimo centromediano metodista, e Falcao, che nella Roma si è riposato abbastanza per rifulgere qui come un centrocampista di grande razza. Nessun brasiliano si è degnato di marcare ad personam Maradona: ma il più delle volte si è visto duellare con lui il prode Cerezo, che alla lunga lo ha sopraffatto".

Sempre critico con le squadre che menavano la danza, Brera ammirò invece la Seleçao del 1982: "Oltre all'estrema abilità di tocco e di controllo, i brasiliani hanno esibito una geometria ferreamente bloccata. I reparti mantengono una rigida equidistanza: quello che faceva Zagalo nel Brasile '58 e '62 fa adesso Socrates con molta più disinvoltura e direi anche maggior distacco. Socrates cammina, dà palle a tutti ma più ancora consigli. Fra lui e Falcao ho rilevato gli stessi litigi che correvano a suo tempo tra capitan Varela e Schiaffino dell'Uruguay".

In vista dell'incontro con gli azzurri, la chiosa è senza appello: "Visti i brasiliani, io mi sono dichiarato afflitto da drammatico inferiory complex nei loro confronti: la loro estrema facilità offendeva in me l'operaio della pelota che ero stato da giovane e con me tutti gli operai che ancora oggi soffrono per guadagnarsi la micca nella pedata. Ahimè: invano ho sperato che qualcuno gli battesse le croste. Contro gli argentini, i brasiliani sono stati composti e niente affatto sbruffoni, sicché gli argentini si sono rassegnati senza dispetto a onorare i più forti".

Famosa l'invocazione finale: "Dovessi impostare io la squadra contro il Brasile, incomincerei con un breve pellegrinaggio al Tibidabo dove mi risulta che agisca in pro dei poveri cristi una Madonna miracolosa" ...