AC Milan - Juventus FC

Le finali di UEFA Champions League

28 maggio 2003, Old Trafford, Manchester
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Vittorio Zucconi, Una vittoria italiana ("La Repubblica", 29 maggio 2003)

Sono stati bravissimi, tutti. Non uno fuori posizione, non un lancio sbagliato, non un gesto scomposto, non un errore, formazione perfetta, tattiche indovinate.
La vittoria italiana al Veccho Trafford è stata splendida e possiamo andarne tutti orgogliosi. Nella "cattedrale" (ma c'è ancora qualcuno che la chiama così? Tutto è possibile nel giornalismo) del Manchester United, gli 80 mila tifosi italiani, residenti sul posto o sbarcati con la piena, hanno dimostrato che si può essere appunto tifosi, soffrire, addirittura addormentarsi come una signora inquadrata nel secondo tempo, con perfetta e assoluta classe.
Non abbiamo dunque niente da imparare da nessuno. Non abbiamo bisogno di gabbioni, trincee da Grande Guerra, cani poliziotti, reggimenti in assetto di guerra, per comportarci da "inglesi", anzi, meglio, visto come si comportarono loro anche in recenti edizioni dei Mondiali e in certe trasferte del Liverpool nel Continente. I nostri tifosi erano separati dal campo soltanto da qualche guardia in impermeabile giallo e da balaustre che anche un bambino avrebbe potuto scavalcare, eppure tutti lì, buoni, arrabbiati, felici o incazzati come biglie. Ma sempre e comunque spettatori.
Va bene che i tifosi di Milan e Juve non sono tra quelli che godono di fama peggiore, e chi aveva pagato 1.500 euro ai bagarini per entrare forse la partita voleva vedersela anziché distruggerla o affumicarla. Ma i cretini dei razzi, dei motorini in tribuna, dei lanci di bottiglie e monete e addirittura pezzi di sanitari pagano robuste cifre per abbonarsi e un cretino resta un cretino a 15 o a 1500 Euro.
Forse questa è la soluzione. Anziché importare scamorze da tutto il mondo (se qualcuno viene ancora a dirmi che Trezeguet è un grande attaccante, scavalco io i cartelloni per pubblicità della birra e lo vado a menare) dovremmo noi esportare i tifosi e le partite.
Trasferiamo il campionato in Scozia, in Galles, in Anglia. Portiamo Roma-Lazio a Glasgow, Atalanta-Reggina a Southampton, mandiamo, anziché quei poveri bambini che vanno in Inghilterra a fingere di imparare l'inglese per due settimane d'estate, i più idioti dei nostro curvaioli a seguire le loro squadre a Cardiff e li vedremo comportarsi tutti come quegli 80 mila che la sera del 28 hanno vinto la partita, tutti molto, ma molto migliori di quei 22 menatorroni che in campo non combinavano niente. E se, malauguratamente, dovessero comportarsi anche lassù come si comportano all'Olimpico o a San Siro, chiediamo agli Inglesi, please? Pretty please? di tenerseli.

Ma io mi ostino a pensare che se gli stadi appartenessero alle società e non ai comuni quindi a nessuno come oggi, se il servizio d'ordine fosse responsabilità dei club e dei loro iscritti, se togliessimo ai nostri stadi quell'aria da Stalag nazista che hanno assunto e se, anzi SE, maiuscolo, la finta giustizia sportiva si abbattesse come una ghigliottina sulle squadre di quelli che sgarrano senza guardare ai santi e ai soldi, lo spettacolo meraviglioso del Vecchio Traffordo potrebbe diventare la normalità.
(PS: Non si pretenderà per caso un commento sulla partita? Se l'avete vista, sapete già quale orrore è stata. Se non l'avete vista, consideratevi fortunati. Mi permetto soltanto di aggiungere, da spettatore che ha sentito i commenti dei telecronisti stranieri ridotti alle lacrime dalla noia, che se questa finale di Coppa vinta dalla quarta classificata dell'anno prima era la resurrezione del calcio italiano, forse sarebbe stato meglio se fosse rimasto morto).