Borussia Dortmund - Juventus FC

Le finali di UEFA Champions League

28 maggio 1997, Olympiastadion, München

Up and down by TheWildBunch22



Gianni Mura, La legge del più debole ("La Repubblica", 29 maggio 1997)


E chi se lo aspettava. Però ci sta anche questo: che i più forti si sentano all'improvviso deboli, che balbettino come se avessero la febbre, che si facciano fare di tutto. Sull'impero della Juve il sole può tramontare, a volte. Niente grande slam, ma una brutta botta sul muso. Una doppietta di Riedle nello spazio di cinque minuti, l'illusione di poter ancora riprendere l' ultimo vagone del treno che fuggiva (leggiadro colpo di tacco di Del Piero).
E poi la mazzata definitiva, un pallonetto perfetto e irridente di Ricken, entrato in campo da 35" appena. Gli ultimi 20' non servivano a niente, a nessuno. Ho sbagliato pronostico. E la Juve ha fatto di peggio: ha sbagliato partita. Non occorre tornare alla finale dell'Olimpico, sarebbe bastata la Juve, vista tante volte in questa stagione, per sistemare il Borussia. Ma quella Juve era scomparsa, e forse questo spiega (a posteriori, naturalmente) le tante piccole spie rosse della vigilia. Non credo che sia stata una questione di pancia piena, o di presunzione. L'umiltà, in questa Juve, è un obbligo. Altre cose sono mancate, o se preferite altri giocatori. Il Borussia ha raccolto quello che la Juve per distrazione, per pochezza o per scarsa lucidità gli ha lasciato.
S'è capito quasi subito che non era una Juve né bella né tantomeno provvista di quel po' di fortuna che aiuta a terminare il viaggio anziché portarti addosso agli scogli. Dopo tre minuti Puhl non ha concesso un rigore abbastanza evidente per trattenuta di Reuter su Jugovic. Al 41', su ottimo spunto personale di Zidane, Klos è stato salvato dal palo. Al 43' un gol di Vieri è stato annullato per un fallo di mani decisamente involontario. Con tutto questo, e con un assetto più rischioso ma più efficace la partita poteva ancora essere raddrizzata. Invece Ricken, in contropiede, l'ha portata in Westfalia. Giusto, perché il Borussia complessivamente ha giocato meglio. La Juve prova così l'amarezza di perdere una competizione largamente dominata. Si è presentata al giorno decisivo con le batterie scariche. Va sottolineato che, nella notte bavarese, le peggiori prestazioni le hanno fornite gli abituali pilastri juventini: Peruzzi, Ferrara, Montero, Di Livio, Deschamps, mentre l'impiego di un Boksic inconcludente resta, a parer mio, una scommessa persa da Lippi. Strano, poi, che una difesa che da giorni si sente spiegare la pericolosità di Riedle sui palloni alti lo lasci libero di fare i comodi suoi. 
La Juve è più forte del Borussia, sì, ma ieri non lo è stata. Le due finali di squadre italiane contro squadre tedesche sono state vinte dai tedeschi. Ma sono dettagli, così come lo stadio di Monaco che non porta bene alle italiane (qui il Milan aveva perso col Marsiglia). Alla fine, sono sempre gli uomini a decidere, almeno mi piace pensare così, e gli uomini della Juve sembravano avere una marcia in meno, come portassero al collo il peso del pronostico. Hanno corso ad handicap, sempre in salita, toccando un buon livello collettivo solo negli ultimi cinque minuti del primo tempo e nei primi venti minuti del secondo. Iuliano, Zidane, Jugovic e Vieri hanno lottato più e meglio degli altri, ma si sa da sempre che la sconfitta appartiene a tutti. Di miracoli, rimescolando gli uomini, rattoppando le scuciture, dosando le energie, guardando il cruscotto per il carburante, la Juve ne ha fatti molti, nell' ultimo anno. Paulo Sousa, uscito in barella a due minuti dalla fine, che un quarto d'ora dopo la premiazione fa ancora il giro di campo avvolto in una bandiera portoghese può dirla lunga sulle motivazioni degli ex juventini, impropriamente chiamati scarti. Non è da giudicare necessariamente, questa, la coppa dei poveri. E' certamente la coppa dei più forti, nella sera che contava, nella partita che puoi rigiocare cento volte e vincerla sempre, ma solo nella testa. Sul campo, è andata così.